11.11.2015 – Sull’attuale situazione dell’Europa

Sull’attuale situazione dell’Europa

Riflessione della Commissione Caritas in Veritate

St. Gallen, Svizzera, 11 novembre 2015

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Si pubblica una riflessione della Commissione CCEE Caritas in Veritate nel giorno di San Martino, 11 novembre 2015, all’inizio delle celebrazioni dei 1700 anni della sua nascita, di cui il progetto era stato presentato all’Assemblea Plenaria del CCEE, in Terra Santa, il 13 settembre 2015.

1. In questa fase storica l’Europa è alle prese con sé stessa e con il proprio futuro in modo particolarmente acuto. Tuttavia, la grave pressione di fenomeni esterni non deve far dimenticare la grandezza delle risorse interne, le difficoltà dal cammino devono indurre ad attingere più in profondità le proprie risorse materiali e spirituali.
2. Le ideologie tentano oggi di togliere all’Europa i suoi valori e di dividerla tra fautori e oppositori di modelli costruiti non sulla narrazione della storia comune europea, ma a tavolino. Gruppi di pressione, economici e culturali, sono attivamente mobilitati in Europa contro l’Europa. Le istituzioni continentali soffrono la tensione tra le identità dei popoli e la dimensione degli apparati, che rispondono solitamente ad astratti parametri e sono condotti da funzionari spesso lontani dalla vita reale degli europei. La convivenza delle religioni è messa a rischio da una politica dell’indifferenza religiosa e dal tentativo di ricollocare le religioni dalla sfera pubblica a quella privata. Come in altri momenti storici del passato europeo, il fenomeno religioso viene presentato come pericoloso, ma a renderlo tale è piuttosto la politica che rinuncia ad adoperare una ragione pubblica capace di discernimento delle religioni sulla base di valori umani universali. Le preoccupazioni economiche sono spesso vittima delle preoccupazioni politiche e finanziarie. Sulla concretezza dell’economia reale e del lavoro si combatte lo scontro tra due astrattezze, quella della politica, condizionata dall’ideologia, e quella della finanza, condizionata dalla speculazione. Gli Stati sono in sofferenza e faticano a mediare in modo significativo tra i popoli e le istituzioni transnazionali europee.
3. In questo quadro di difficoltà, l’Europa conosce problemi nuovi o aspetti nuovi di problemi antichi. Può reagire dando prova di sapiente realismo, fedeltà alla propria storia, recupero di risorse morali e spirituali che rappresentano la sua vocazione. E’ in atto un indebolimento della coesione europea, sia a livello di incontro tra popoli che tra Stati. Nascono forme di reazione particolaristica di cui è troppo facile liberarsi chiamandole “populiste” ma che, anche se manifestate in forme inadeguate, denunciano una incomprensione diffusa. Nascono nuove divisioni tra Stati: tra Stati forti e Stati deboli, tra Stati allineati alla linea culturale dominante e Stati non allineati, che non per questo possono essere considerati di secondo livello. La ricerca di valori comuni non significa imporre a tutti i valori di alcuni, significa condividere i valori veri e validi per tutti. Si riaprono fronti che si pensavano superati definitivamente, riemergono paure e tensioni che avevano caratterizzato altre epoche. La pesante situazione della Grecia ha posto problemi ben più vasti del piccolo Paese e perfino della stessa Unione. Gravissima è la preoccupazione per la situazione di conflitto aperto in Ucraina, una terra storicamente molto significativa per il continente europeo e la sua civiltà tra oriente e occidente.
4. Su tutti questi temi l’Europa deve interrogarsi a fondo. Talvolta la prassi delle istituzioni europee è vissuta dai popoli come arrogante. Per questo il processo di integrazione sembrano attraversare una fase di regresso. I popoli temono di essere ingabbiati in un contesto che ne snaturi le caratteristiche storiche e culturali. Vanno quindi rassicurati con reali garanzie.
5. La pace deve essere un primo obiettivo dell’Europa, ma per questo il nostro continente deve essere più realista. La pace è la tranquillità dell’ordine, è quindi un’esigenza globale e non solo militare. Un’Europa sicura e a sua volta fonte di sicurezza è un’Europa ordinata, ove le varie istituzioni sociali sono giustamente collocate al proprio posto. Non rispettare la vita e la famiglia significa anche creare conflittualità e indebolire la pace. Lo stesso vale per il disprezzo o addirittura la persecuzione della religione, soprattutto la religione cristiana, oppure per una educazione dei giovani di anarchia etica. Se la giustizia non è garantita e se il potere giudiziario tende a sostituirsi non solo agli altri due poteri ma anche all’ethos dei popoli, pretendendo di ristrutturarlo, la conflittualità diventa una via senza uscita.
6. Nell’affrontare problemi nuovi e aspetti nuovi di problemi antichi, il continente europeo deve essere un soggetto attivo e non passivo in tutti questi campi. Le migrazioni vanno prudentemente e responsabilmente governate e non subite. “La complessità di questo fenomeno, con le sue inevitabili differenziazioni, richiede da parte dei singoli Stati, le cui situazioni sono radicalmente diverse, molta attenzione al fine di rispondere tempestivamente alle necessità di aiuto immediato e di accoglienza di persone disperate a causa di guerra, persecuzione, miseria. Gli Stati, attraverso le istituzioni necessarie, devono mantenere l’ordine pubblico, garantire la giustizia per tutti e offrire una generosa disponibilità per chi ha veramente bisogno, nella prospettiva anche di una integrazione rispettosa e collaborativa. Grande è l’impegno delle Chiese d’Europa che, seguendo le indicazioni del Santo Padre Francesco, collaborano con gli Stati, i quali sono i primi responsabili della vita sociale ed economica dei loro popoli. Le molte esperienze già in atto incoraggiano a proseguire ed intensificare ogni sforzo. (Messaggio dell’Assemblea Plenaria del CCEE, settembre 2015). Nella gestione delle migrazioni che oggi assumono l’aspetto di emergenze umanitarie, l’Europa non rinunci alla propria civiltà giuridica e ai valori fondamentali della propria cultura che essa ha assimilato dalla tradizione della legge morale naturale che qui da noi è stata arricchita e veicolata dalla tradizione cristiana e che è pure presente in altre culture e religioni. Non può nemmeno esimersi da un impegno comune a far fronte a questa emergenza non solo nella cosiddetta accoglienza dei profughi ma anche e soprattutto in una politica estera di efficace contrasto dei turpi interessi che stanno dietro questi fenomeni. Ma l’Europa da sola non può fare tutto. “Data la complessità delle situazioni e l’ampiezza delle tragedie umanitarie, auspichiamo che anche l’ONU prenda in decisa considerazione la situazione e giunga ad efficaci soluzioni non solo rispetto alla prima accoglienza ma anche ai Paesi di provenienza dei migranti, adottando misure adeguate per fermare la violenza e costruire la pace e lo sviluppo di tutti i popoli. Inoltre, la pace in Medio Oriente e nel Nord Africa è vitale per l’Europa.”(Idem)
7. L’Europa non può affrontare adeguatamente processi tanto importanti in una posizione di ritirata e di rinuncia a sé stessa. Deve, anzi, mostrare il proprio volto, il volto di un continente che ha conosciuto nella sua storia delle verità sugli uomini e sulla loro convivenza ed è disposto a spendere questa sua ricchezza con responsabilità. Il concreto problema ecologico va affrontato senza deviazioni riduttive, nello spirito di una “ecologia integrale” che comprenda in sé quella ambientale e quella umana. Il vivo problema del lavoro va affrontato insieme, in un vero spazio europeo, rivitalizzando con spirito di concretezza antiche e nuove professionalità, liberando energie dalla istituzionalizzione degli sprechi, dalle rendite di posizione e da una eccessiva pressione fiscale a fronte di sistemi di welfare generalisti e non sempre adeguatamente sussidiari.
8. Un simile spirito di sapiente concretezza, che non teme di mostrare il proprio volto tipicamente europeo, vale anche per il dialogo tra le religioni e, in particolare, con l’Islam. I diritti umani, la pace, un concreto bene comune che non è solo materiale ma anche spirituale, la famiglia, l’uguale dignità degli esseri umani, la corretta distinzione tra politica e religione sono valori europei e valori umani nello stesso tempo. L’Europa li deve difendere mentre promuove su di essi un vero incontro tra le religioni.
9. La Chiesa cattolica che è presente nelle diverse nazioni europee sa bene che il suo primo dovere è l’annuncio di Cristo agli europei, perché il primo fattore di sviluppo è il Vangelo. Sa di doverlo fare in amicizia con tutti, ma con una propria configurazione unica, fondata sulla verità del Signore Gesù Cristo. Dall’accoglienza dell’annuncio di Cristo nascono nuove relazioni, nuovi modi di vedere le cose, nuove spinte di solidarietà e amicizia civica, una nuova convinzione per lottare per il bene umano e trascendente delle persone.

La Commissione CCEE è presieduta da S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste (Italia) e si compone di tre sezioni: Migrazioni, presieduta da S.Em. Josip Card. Bozanić, Arcivescovo di Zagabria (Croazia); Salvaguardia del Creato, presieduta da S.E. Mons. André-Joseph Léonard, Arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles (Belgio); Questioni sociali, presieduta da S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste (Italia).

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