Sezione Migrazioni

La comunità locale come modello di accoglienza e di integrazione in Europa

Incontro dei direttori nazionali

Si è svolto ad Atene dal 26 al 28 novembre scorso, l’incontro dei direttori nazionali delle Migrazioni, guidato dal Card. Anders Arborelius, responsabile della Sezione Migrazioni della Commissione per la Pastorale Sociale del CCEE, sul tema: “Comunità locale come modello di accoglienza ed integrazione in Europa”.

Nel saluto inviato ai partecipanti, S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, presidente della Commissione per la Pastorale sociale del CCEE, ha spiegato la scelta del tema: “La nostra esperienza cristiana ci insegna che l’accoglienza e la cura degli altri, in questo caso particolare dei migranti e dei rifugiati, si converte in un percorso concreto di evangelizzazione e di recupero della dignità umana. Le nostre comunità ecclesiali, spesso con non poca fatica, imparano ad aprire il cuore con generosità, come segno di disponibilità nei confronti degli altri. Tuttavia, sappiamo bene – ed è una nostra quotidiana esperienza – che la complessità della gestione dei flussi migratori presenta delle sfide che non sono sempre di facile risoluzione e che persino generano tante tensioni all’interno delle nostre stesse comunità. Ecco perché abbiamo pensato che fosse necessario confrontarci su alcuni aspetti concreti che definiscono il nostro modo di vivere ecclesiale, per riuscire a rinnovare il nostro impegno cristiano in favore di chi è nel bisogno”.

Della realtà dei cattolici immigrati in Grecia, ha parlato S. E. Mons. Sevastianòs Rossolàtos, arcivescovo dei cattolici di Atene: “Pochissimi hanno preso coscienza che l’arrivo di numerosi immigrati cattolici nella piccola Chiesa Cattolica in Grecia ha portato un grande sconvolgimento. Basta dire che i Greci cattolici in Grecia siamo 50.000, mentre gli immigrati cattolici sono oggi almeno 150.000, cosa che non succede in nessuno altro Paese e in nessuna altra Chiesa d’Europa!

Gli immigrati si sono sparsi in ogni angolo della Grecia dove trovavano lavoro, e non nei centri con una Chiesa cattolica organizzata, con chiese e parroci. Abbiamo dunque una diaspora che troviamo difficoltà a servire, non soltanto perché non disponiamo di sacerdoti in più da mandare, ma anche perché non abbiamo la possibilità economica per affittare locali di culto e abitazione per il sacerdote o comprare un’auto per i suoi spostamenti. Nel centro di Atene con tre parrocchie, oggi prevalgono gli immigrati: con una presenza del 95% di Filippini nella cattedrale, 95% di Polacchi nella parrocchia dei Padri Gesuiti e una presenza proporzionata di africani nella parrocchia dei Padri Assunzionisti”.

Del grande lavoro di accoglienza che si sta facendo in Grecia dal 2015 ad oggi, hanno raccontato Padre Ioannis Patsis, vice presidente della Caritas Greca e Mons. Hovsep Bezazian, amministratore apostolico degli armeni cattolici in Grecia, nelle due relazioni del mattino mentre al pomeriggio, i partecipanti ai lavori hanno fatto visita ad alcune realtà migratorie di Atene: la Capanna di Betlemme, una casa per i senzatetto della Comunità Papa Giovanni XXIII che qui gestisce anche una casa famiglia; i locali dell’Ordinariato armeno cattolico dove si accolgono i profughi; la Social House nel quartiere di Neos Kosmos, che offre alloggio di lungo e breve periodo in larga parte a famiglie e persone che attendono di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato, di ricongiungersi ai parenti che vivono in altri Paesi oppure di continuare il loro viaggio della speranza verso altre destinazioni.

Interessante anche il percorso degli invisibili attraverso i vicoli di Atene, un progetto sociale gestito dal giornale di strada greco “Shedia”, in cui i senzatetto diventano guide turistiche in un tipo molto diverso di passeggiata in città. Un racconto personale attraverso il quale comunicare la propria esperienza della vita di strada e condividere informazioni sul volto mutevole dei senzatetto e dell’esclusione sociale, e le sfide affrontate dalle organizzazioni di solidarietà che sono di nuovo in prima linea nella battaglia alla povertà e all’esclusione sociale, nel tentativo di salvaguardare la dignità individuale e collettiva.

“Accogliere e integrare: l’impegno della Sezione Migranti e Rifugiati” è stato il titolo dell’intervento con cui Padre Fabio Baggio, Sotto Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero Vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha presentato la mission e il servizio della Sezione Migranti e Rifugiati a partire dai quattro verbi utilizzati da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. “La Sezione M&R – ha detto Padre Fabio – risponde in primo luogo alla volontà del Santo Padre di servire le Chiese locali – e in particolare le Commissioni Episcopali incaricate della pastorale migratoria – attraverso l’offerta di informazioni affidabili, valutazioni scientifiche e riflessioni teologiche sulle questioni di competenza, la formulazione di direttive pastorali e l’assistenza nello sviluppo di risposte adeguate ed efficaci alle sfide poste dalla migrazione contemporanea in conformità con la dottrina sociale della Chiesa”.

E ha continuato: “Per quanto riguarda il verbo ‘accogliere’, la costruzione di nuovi muri, la chiusura delle frontiere e il rifiuto del soccorso mettono a nudo le logiche funeste della cultura dello scarto e della globalizzazione dell’indifferenza. A Lampedusa il Santo Padre ha lanciato un chiaro appello: “La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto. … Ma la realtà è fatta anche di mani tese, di porte aperte, di salvataggi coraggiosi e di generosa ospitalità. Ecco allora che nei migranti e rifugiati che intraprendono i ‘viaggi della speranza’ possiamo leggere anche l’opportunità di restaurare quella solidarietà che rappresenta un dovere di civiltà e parimenti un imperativo cristiano.

Al verbo ‘integrare’ possiamo collegare la sfida della difficile coesistenza tra espressioni culturali e tradizioni molto diverse. La crescente differenziazione delle provenienze dei flussi migratori ha accentuato tale difficoltà, alimentando tra gli autoctoni il timore di perdere la loro identità culturale. Ma, da una prospettiva più teologica, la presenza di molti migranti e rifugiati di paesi diversi rappresenta una concreta opportunità di arricchimento interculturale. Il confronto con altre culture e tradizioni è di fatto un incentivo a riscoprire e riaffermare la propria identità, nel discernimento degli elementi ‘non negoziabili’, all’insegna di quella essenzialità intrinseca alla nostra vocazione cristiana”.

Infine ha presentato il rapporto sulla pastorale dei migranti in Europa: “Nel corso del 2018 la Sezione M&R, in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e la Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (COMECE), ha condotto uno studio al fine di raccogliere informazioni su tutti i servizi forniti da istituzioni e organizzazioni cattoliche – Conferenze Episcopali, diocesi, parrocchie, congregazioni religiose, associazioni e fondazioni cattoliche – a rifugiati, richiedenti asilo, migranti e vittime della tratta nei territori di competenza dei 39 membri della CCEE. Lo studio è stato commissionato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tale attività di ricerca si proponeva di documentare tutti i servizi resi a rifugiati, richiedenti asilo, migranti e vittime della tratta in Europa nel corso del 2017 e identificare alcune ‘buone pratiche’ di accoglienza, protezione, promozione e integrazione rivolte agli stessi destinatari. I dati raccolti sono confluiti in un rapporto sulla pastorale dei migranti in Europa che è stato pubblicato nel sito web della Sezione M&R a metà del 2019. Il rapporto è composto da due sezioni: la prima (sezione quantitativa) fornisce una mappatura provvisoria delle iniziative attuate dalle organizzazioni e istituzioni cattoliche in Europa; la seconda (sezione qualitativa) offre una raccolta di buone pratiche (23) suddivise secondo i quattro verbi proposti da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.

 

Foto di Florin-Petru Sescu